Letteratura,  Narrativa

Libertà di Jonathan Franzen

Jonathan Franzen è uno degli autori nordamericani contemporanei che preferisco. Insieme a David Foster Wallace – a cui si ispira apertamente – Franzen ha saputo raccontare il mutamento del mito della famiglia americana, le sue ossessioni e le sue ipocondrie, dalla sua nascita alla sua inevitabile disgregazione. Libertà di Jonathan Franzen parte proprio dalle basi del sogno americano per decostruirlo in toto.

Quello della famiglia è un tema ricorrente nelle opere di gran parte degli autori nordamericani moderni. In particolar modo nella produzione di Franzen. Basti pensare al best seller vincitore del prestigioso National Book Award, Le correzioni. O al successivo Purity. Ma anche a Zona disagio, il suo memoriale autobiografico.

Libertà, pubblicato nel 2010, non fa eccezione. Ma oltre alla famiglia sono tanti i temi ricorrenti che connettono Libertà di Jonathan Franzen ai suoi lavori precedenti e successivi.

Tra apparenza e depressione 

I personaggi di Franzen sono nella maggior parte dei casi medio o alto borghesi che vivono in belle case e conducono vite apparentemente felici e tranquille. Ma basta poco per scalfire la patina di apparenza che li avvolge e scoprire dei microcosmi familiari dominati da disperazione, frustrazione e insoddisfazione.

I matrimoni diventano gabbie, la casa perfetta nel sobborgo perfetto si trasforma in una prigione, i figli non rappresentano più speranza per il futuro, ma simboleggiano il fallimento dei genitori e del mito della famiglia tradizionale.

“E’ solo una mia impressione, oppure l’hai avvertita anche tu, una certa sfumatura di insoddisfazione coniugale?”, non è soltanto una delle battute iniziali di questo romanzo, ma una vera e propria dichiarazione di intenti.

D’altronde le premesse su cui si costruisce la famiglia di Patty e Walter Berglund non sono delle migliori. Soffocata da un ambiente familiare tanto assente quanto ossessivamente borghese e fondato sulle apparenze l’una, schiacciato dal peso di una famiglia distrutta dall’alcool e dall’autoritarismo l’altro, Patty e Walter reiterano i comportamenti familiari malsani di cui sono stati testimoni da piccoli, dando vita a un circolo vizioso che può portare solo alla (auto)distruzione.

La violenza sessuale nella società patriarcale nordamericana 

Il punto di partenza di Patty è una famiglia altolocata, composta da una madre che si candida per il partito democratico e un padre che fa l’avvocato. Ma il punto di partenza di Patty è soprattutto uno stupro subito in età adolescenziale.

Quanto al sesso vero e proprio, la prima esperienza di Patty consistette nell’essere violentata a diciassette anni, durante una festa, da un ragazzo di nome Ethan Post, studente dell’ultimo anno di un collegio privato. Ethan, pur non praticando alcuno sport tranne il golf, aveva un vantaggio di quindici centimetri e ventidue chili su Patty, e offriva uno spettacolo scoraggiante del confronto tra la forza muscolare femminile e quella maschile.

Patty non considerò l’accaduto come qualcosa che poteva avvicinarsi allo stupro. Quando cominciò a lottare, lottò con foga, anche se non bene e per poco tempo, perché quella era una delle prime volte che si ubriacava. Si era sentita così libera, fino a quel momento! Molto probabilmente, nella grande piscina di Kim McClusky, in una bella e tiepida sera di maggio, Patty aveva dato un’impressione sbagliata a Ethan Post. Era già fin troppo compiacente quando non era ubriaca. Nella piscina doveva essere stata ebbra di compiacenza. Tutto considerato, aveva parecchio da rimproverarsi.

Libertà è un romanzo a più voci e la voce che parla è quella di Patty, che scrive la sua autobiografia. E la voce di Patty è quella di una donna cresciuta in un contesto talmente imbevuto di apparenze che lei, la vittima, arriva a ritenersi responsabile per lo stupro subito. Esattamente come accade a Marianne in Una famiglia americana di Joyce Carol Oates

Le apparenze, d’altronde, riescono a salvare Ethan da una accusa di stupro. Di ottima famiglia, la stessa da cui la madre di Patty riceve ingenti donazioni, Ehtan non può e non deve essere l’autore di un atto del genere.

Tu dici che è stato senz’altro Ethan. Come avrebbe potuto… se è stato Ethan… come avrebbe fatto a…? – Si coprì la bocca con le dita. – Oh, vorrei fosse stato chiunque altro. Il dottor Post e sua moglie sono ottimi amici di… ottimi amici di tante ottime cose. E conosco poco Ethan, però…

– Io quasi per niente!

– Bè, allora spiegami come è potuto succedere!

– Basta, andiamo a casa.

– No. Devi dirmelo. Sono tua madre.

(…) Patty le mostrò i polsi.

  • – Ecco cos’è successo, – disse. – Cioè, una parte di quello che è successo.
  • Joyce lanciò un’occhiata ai lividi, rabbrividì, poi si girò, come per rispettare l’intimità di Patty. – E’ terribile, – disse.
  • – Hai ragione. E’ terribile.
  • – Coach Nagel dice che devo andare al pronto soccorso e dirlo alla polizia e al preside di Ethan.
  • – Sì, lo so cosa vuole la tua allenatrice. Sembra convinta che andrebbe punito con la castrazione. Voglio sapere cosa pensi tu.
  • – Non lo so cosa penso.
  • – Se vuoi andare alla polizia adesso, – disse Joyce , – andiamo alla polizia. Dimmi solo se è quello che vuoi.
  • – Credo che prima dovremmo dirlo a papà.
  • (…)
  • – Domanda ipotetica, – disse Joyce, guidando. – Pensi che ti basterebbero le scuse formali di Ethan?
  • – Si è già scusato.
  • – Di…
  • – Di essere stato brusco.
  • – E tu cosa gli hai detto?
  • – Non gli ho detto niente. Ho detto che volevo andare a casa.
  • – Ma lui si è scusato di essere stato brusco.
  • – Non si è scusato sul serio.
  • (…)
  • Patty, a mo’ di esperimento, o di punizione, disse: – Chissà, forse si scusasse con sincerità potrebbe bastare – . E guardò attentamente sua madre, che si stava sforzando (le sembrò) di contenere l’agitazione.
  • – La trovo una soluzione quasi ideale, – disse Joyce.

Chi dovrebbe proteggere Patty è la prima persona che la abbandona, mettendo in dubbio la veridicità di ciò che afferma. Patty vuole capire fino a che punto è disposto a giungere l’arrivismo di sua madre. Finché non sbotta. Ma come insegna ogni buona famiglia patriarcale, solo il giudizio del padre può avere un qualche valore.

– MI HA VIOLENTATA COME SE NIENTE FOSSE. PROBABILMENTE NON SONO NEANCHE LA PRIMA.

– Questo non lo sai, Patty.

– Voglio andare all’ospedale.

– Guarda, siamo quasi arrivate allo studio di papà. Se non hai male da nessuna parte, tanto vale che…

– Ma so già cosa dirà. So già cosa mi dirà di fare.

– Deciderà quello che è meglio per te.

(…) Suo padre disse a sua madre di chiamare il dottor Sipperstein, il vecchio pediatra  impegnato con il Partito democratico fin dai tempi di Roosevelt, e chiedergli se aveva tempo per una visita urgente. Mentre Joyce telefonava, Ray chiese a Patty se sapeva cosa fosse uno stupro.

Patty lo guardò sbalordita.

– Volevo essere sicuro, – disse Ray. – Tu conosci la corretta definizione giuridica.

– Mi ha costretta ad avere un rapporto sessuale con lui.

– E tu hai detto no?

– “No”, “fermo”, “basta”. E comunque era chiaro. Cercavo di graffiarlo e di togliermelo di dosso.

Ma ciò che preoccupa il padre di Patty è ciò che preoccupa anche sua madre. Ethan è figlio di un uomo ricco, con cui intrattengono rapporti diplomatici, economici e politici delicati.

Chester Post non è un uomo facile, – disse Ray, – ma fa un sacco di cose buone per la contea. Data la sua, ehm, data la sua posizione, una accusa del genere riceverebbe moltissima pubblicità. Tutti saprebbero chi l’ha formulata. Tutti. Ora, i problemi dei Post non ti riguardano. Ma è praticamente certo che finiresti per sentirti più volata dalle udienze preliminari, dal processo e dalla pubblicità di quanto non ti senti ora. Anche se si dichiarasse colpevole.

Patty riceve così il suo colpo di grazia.

Il senso di ingiustizia si rivelò una sensazione stranamente fisica. Addirittura più reale, per certi versi, del suo corpo dolorante, puzzolente, sudato. L’ingiustizia aveva una forma, un peso, una temperatura, una consistenza e un pessimo sapore.

Ethan nega tutto. Il padre di Ethan nega tutto. I genitori di Patty negano tutto. La ragazza si abbandona a un pianto disperato.

– E allora cosa faccio?

Suo padre si girò a guardarla come un avvocato. Come un adulto che si rivolgeva a un altro adulto. – Lascia perdere, – disse. – Dimentica questa storia. Guarda avanti.

– Cosa?

– Non pensarci più. Guarda avanti. Impara a stare più attenta. (…) So che è terribilmente ingiusto. Mi dispiace tantissimo. Ma a volte la cosa migliore è imparare la lezione ed evitare di rimetterti in una situazione del genere. Dire a te stessa: “Ho commesso un errore e ho avuto sfortuna”, e poi lasciare. Lasciare, uhm. Lasciar perdere.

La narrazione dell’episodio che segnerà per sempre la vita di Patty, determinandone il futuro,, si conclude con una beffa.

In primavera, quando il deputato locale alla Camera dei rappresentanti si ritirò dopo una lunga carriera, e il partito decise di candidare al suo posto la madre di Patty, i Post si offrirono di co-organizzare un raduno per la raccolta fondi nel verde sfarzo del loro giardino. Joyce chiese il permesso a Patty prima di accettare, dicendo che non intendeva fare niente che potesse darle fastidio, ma a Patty non importava più quello che faceva Joyce, e glielo disse. Quando la famiglia della candidata si radunò per l’obbligatoria foto di gruppo, nessuno rimproverò Patty per essersi assentata. La sua espressione amara non avrebbe giovato alla causa di Joyce.

La libertà e le sue forme 

Libertà, come suggerisce velatamente il titolo stesso, indaga le contraddizioni  di un concetto da sempre considerato nobile.
A Patty la libertà di vivere serenamente la propria vita è stata tolta, come abbiamo visto.

Ma il piano personale si mescola a quello politico, e la libertà diventa uno slogan elitario, un concetto da adattare al proprio tornaconto personale. Soprattutto in campagna elettorale, come dimostra il caso del flusso di informazioni pilotato dal team di Dick Cheney durante la guerra in Iraq, a cui si fa riferimento nel libro. 

L’ambiguità della libertà tocca il picco più alto quando si traduce in libertà di sopraffare l’altro, sia a livello personale, sia a livello di politica estera imperialista o di sfruttamento cieco e folle del pianeta terra e delle sue risorse. Come dichiara a Joey il ricco e reazionario padre di Jenna e Jonathan, politico di professione.

Jonathan dice che sei un ottimo studente, – continuò il vecchio in tono gentile. – E quindi immagino tu abbia già provato la frustrazione  di avere a che fare con gente meno sveglia di te. Gente non solo inetta, ma anche restia a riconoscere certe verità la cui logica per te è del tutto evidente. Gente che sembra persino infischiarsene di seguire una logica sbagliata. Hai mai provato questa frustrazione?

– Ma questo succede perché la gente è libera, – disse Joey. – La libertà non è proprio questo? Il diritto di pensare quello che si vuole? Cioè, lo ammetto, certe volte è una rottura di palle.

– Già, proprio così. La libertà è una rottura di palle. E proprio per questo è indispensabile cogliere l’occasione che ci si è presentata per indurre una nazione di gente libera ad abbandonare idee sbagliate e appoggiarne di migliori, con ogni mezzo necessario.

Anche l’ideale di libertà è soggetto a manipolazione. Think tank, supremazia bianca militare: rendere il mondo più libero e sicuro. O almeno dare questa impressione al pubblico.

Devo molto al mio bisnonno di Cincinnati, che è arrivato qui con niente. Questo paese gli ha offerto un’occasione, concedendogli la libertà di sfruttare al meglio i propri talenti. Ecco perché ho scelto di vivere così, onorando quella libertà e cercando di garantire che il prossimo secolo americano sia altrettanto felice. Non c’è niente di sbagliato nell’arricchirsi, proprio niente.

Lo rimarca anche l’ipocrita Walter Berglund, la cui integrità etica è stata ormai compromessa dal profitto e dall’egoismo. Egli  afferma che

tutto gira intorno allo stesso problema, le libertà personali. La gente è venuta in questo paese per cercare soldi o libertà. Se non hai i soldi, ti aggrappi ancora più rabbiosamente alle tue libertà. Anche se il fumo uccide, anche se non puoi permetterti di nutrire i tuoi figli, anche se i tuoi figli vengono ammazzati da un pazzo armato di fucile d’assalto. Sarai anche povero, ma l’unica cosa che nessuno ti potrà mai togliere è la libertà di sputtanarti la vita come ti pare e piace. Bill Clinton lo aveva capito: non possiamo vincere le elezioni mettendoci contro le libertà personali.

Ma siamo proprio sicuri di essere pronti a essere liberi? La libertà implica una certa dose di coraggio. In fondo persino Walter, paladino della libertà per eccellenza, la teme, questa libertà. Walter pensa di “non essere fatto per una vita di libertà ed eroismo fuorilegge; di avere bisogno di una condizione di malcontento più monotona e duratura contro cui lottare e all’interno della quale ricavarsi un’esistenza”. 

In perfetto stile postmoderno, Franzen lega la libertà al mercato capitalista, ricordandoci che siamo schiavi di un capitalismo aggressivo che ci fa chiudere a chiave la coscienza in un cassetto che non verrà mai più riaperto.

Il concetto di libertà si svuota del suo significato più nobile nel momento in cui persino Walter cede. Da strenuo difensore degli ecosistemi e delle razze di uccelli in via di estinzione – come la dendorica cerulea in copertina – nonché acerrimo nemico della sovrappopolazione mondiale, Walter viene messo all’angolo dall’onestà dell’amico Richard Kaz.

Il vero problema è il capitalismo del libero mercato. Giusto? A meno che tu non voglia vietare la procreazione, il tuo problema non sono le libertà civili. Il vero motivo per cui l’idea della sovrappopolazione on ha alcun richiamo culturale è che ridurre le nascite significa porre dei limiti alla crescita. Giusto? E la crescita non è una questione secondaria nell’ideologia del libero mercato. E’ la sua essenza. Giusto? Nella teoria economica del libero mercato, una cosa come l’ambiente non va tenuta in considerazione.

Sovrappopolazione, riscaldamento globale, disastri ecologici causati dal consumismo e dall’avidità di arricchirsi senza limiti morali, sfruttando la terra senza curarsi delle conseguenze. Kaz sembra suggerirci che finché ci sarà capitalismo, non ci sarà libertà.

La dipendenza 

Interrogandoci su cosa sia la libertà, e quale significato le attribuiamo, Franzen ci pone di fronte a un ulteriore quesito: siamo davvero liberi? E liberi da chi, liberi da che cosa?

I personaggi di Libertà di Jonathan Franzen cercano di fuggire da se stessi, dal loro passato o dalla loro infelicità. Depressi, frustrati, oppressi erigono le fondamenta di nuove vite su scheletri talmente fragili da essere destinati a crollare. E allora scappano verso quella che credono sia la libertà, diventando, al contrario, ancor più dipendenti e schiavi della loro sofferenza.

Frustrazione e depressione, come in Infinite Jest, trovano anche qui una via di fuga ingannevole nella dipendenza. Dipendenza da droghe (Richard Kaz ed Eliza), da alcool (Patty), da lavoro (Walter), dal sesso (Joey e Connie) o dalla convinzione di essere diversi, dalla prospettiva di avere un matrimonio diverso, di avere dei figli diversi, di essere una famiglia diversa.

Ma, in ultimo, anche dipendenza da una parola vuota come è il concetto stesso di libertà: vivere nell’illusione di poter scegliere liberamente. Patty capisce di essersi aggrappata disperatamente a un filo troppo sottile, quando afferma:

mi sa che la mia vita non è sempre stata felice, o facile, o precisamente come l’avrei voluta. A un certo punto devo solo cercare di non pensare troppo a certe cose, altrimenti mi si spezza il cuore.

 

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