Letteratura

Virginia Woolf e il tempo

Sfogliando Virginia Woolf, rifletto sulla nuova concezione di tempo su cui poggia gran parte della produzione modernista britannica a cavallo delle due guerre mondiali. 

In un periodo di instabilità e profonda crisi, il tradizionale tempo cronologico tipico del romanzo settecentesco si sgretola per lasciare spazio a qualcosa di indefinito. Un approccio al tempo più intimo e personale, non più oggettivo e convenzionale.

Il tempo interiore

Henry Bergoson parla proprio di questo quando scrive della durata, definendo il tempo come flusso continuo e inarrestabile. William James va ancora più in profondità. La coscienza, scrive in Principles of Psychology, non è un insieme ordinato di frammenti, ma il corso libero e incontenibile dei pensieri, prima ancora che diventino razionalmente comunicabili.

Dal punto di vista letterario, questo nuovo concetto di tempo si riflette nella coscienza del singolo. Essa ha il potere di rimodellarlo, stravolgerlo, seguendo lo scorrere incessante dei ricordi, dei sogni, delle sensazioni, delle suggestioni, non più quello delle lancette.

Da questa rivoluzione temporale derivano le tre tecniche letterarie più utilizzate dai modernisti britannici di prima generazione. Il flusso di coscienza, il monologo interiore e l’epifania.

Il tempo che scivola dalle mani

Virginia Woolf si muove abilmente in questa giungla intricata di pensieri, ora lasciandosi guidare con dolcezza e nostalgia dalla sua penna, ora lasciandosi sopraffare da un tempo meschino, ora giocandovi con gentile ironia. Il tempo si restringe, si condensa o si dilata.

Un giorno nella vita di Mrs Dalloway ci consente di viaggiare nel tempo e nello spazio. Due giorni, separati dal tempo cronologico ma non da quello dell’anima, si condensano nei ricordi agrodolci di Gita al faro. Circa tre secoli, invece, ci fanno viaggiare insieme a Orlando nei generi e nella storia.

Da un po’ di tempo a questa parte sento Virginia Woolf nelle ossa, mi sembra di essere in grado di vederla, nel suo studio mentre cerca di afferrare qualcosa che scivola via, combattendo contro l’inesorabile scorrere del tempo.

La ascolto mentre piange silenziosamente, scrivendo la lettera di addio all’amato Leonard. La immagino mentre cerca di contenere l’ansia di un mondo che non le è mai appartenuto ma che ha deciso di cambiare lo stesso, trasformando la sua fragilità in forza rivoluzionaria.

Vorrei poterle tendere la mano, mentre ossessionata dalla paura della follia e dei bombardamenti decide di porre fine alla propria vita. Non è un caso, credo, che lo faccia annegando in un fiume, scegliendo l’acqua come ultima compagna di viaggio, lasciandosi trasportare dal suo flusso fino ai giorni nostri, dove vive, più immortale che mai, nella memoria di tutte noi.

E come il bastone di Virginia fugge dalle sue mani per posarsi sulle rive dell’Ouse, sento il tempo fuggire dalle mie. Così meschino nella sua indifferenza, così vorace nel cibarsi degli anni migliori, degli affetti e del futuro.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *