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Viaggio nella Beat Generation: lezioni di Allen Ginsberg

Le migliori menti della mia generazione. Lezioni sulla Beat Generation di Allen Ginsberg, curato da Bill Morgan, è stato pubblicato nella sua edizione italiana nel 2019 da Il Saggiatore.
Le quasi 500 pagine di questo prezioso tomo contengono alcune lezioni sulla Beat Generation tenute da Allen Ginsberg nel corso degli anni Settanta.

beat generation ginsberg

Il significato della parola beat

Beat è un termine che può significare tante cose in inglese. Per esempio “battuto” o “abbattuto”, “a terra” o “senza un soldo in tasca”. O ancora “a pezzi, stanco morto”. Ma anche “perdente”, “emarginato”.
La parola beat è stata legata anche alla musica, in riferimento al ritmo. Jack Kerouac diede un’ulteriore connotazione al termine, facendo riferimento al senso di beatitudine, coscienza e illuminazione mistica che rivela la radice stessa della parola be at, ovvero “esserci”, “essere coscienti”. (Origins of the Beat Generations).

Dalla musica nera alla letteratura beat

Quando un pugno di poeti e romanzieri iniziarono a produrre letteratura beat per conto proprio, fu Allen Ginsberg a dare loro un senso di organicità, a dare un nome e una identità a quello che di lì a poco sarebbe diventato un movimento letterario a tutti gli effetti.
Fu il legame profondo con la musica nera underground a dare vita al mondo beat: il Jazz, il Bebop, il Blues e il Soul aprirono una breccia nella prosa e nella poesia, il ritmo di trasformò in linguaggio, le note in lettere.
La letteratura beat è figlia della “parlata Americana che si provava a vocalizzare attraverso i sassofoni e poi a ritradurre nell’inglese dei neri” ed è proprio Ginsberg a sottolineare la potenza rivoluzionaria della black music: “quando cambia il modo di fare musica, le mura della città tremano”. “C’è un parallelismo talmente stringente tra musica e poesia che credo possiate udirlo anche voi”.
Kerouac definisce poeticamente la comunità beat proprio mentre ascolta Charlie Parker :

Si aveva quel sentimento-di-mattina-presto
Come la gioia di un eremita, o come
il perfetto grido
di una gang scatenata a una jam session

Lo strumento che diventa linguaggio con Billie Holiday

Un’altra grande protagonista dell lezioni di Ginsberg è Billie Holiday. Lei ebbe la capacità di trasformare la parte strumentale in linguaggio, in quanto “i blues sono da sempre grande poesia”. Ginsberg prosegue:

La grande poetessa del blues, Billie Holiday, era anche la famosa amante di Lester Young. Erano entrambi tossici, riflettevano tutta la coscienza da tossico hip, la disillusione stanca del mondo e al tempo stesso una sorta di nostalgia del sentimentalismo omosessuale di bellissime lesbiche del tempo che fu o il sentimentalismo bisessuale delle bellissime lesbiche del tempo che fu. Eros insoddisfatto, che io ritengo stia storicamente a segnare la maturazione del desiderio che precede la rivoluzione sessuale. Era la diretta e onesta espressione emotiva di così tante emozioni e così tanta tenerezza repressa, di contatto fisico negato, che ha portato finalmente a una specie di svolta in cui la gente ha finalmente detto: “Bé, perché no?”. E a qualsiasi livello: la rivoluzione eterosessuale, la rivoluzione omosessuale, la rivoluzione bisessualee la rivoluzione lesbica. C’è una peculiare qualità malinconica, nostalgica e desiderante in tutto questo, che influenzò chiunque negli anni quaranta. (p. 68)

“Zitto, adesso. Non darmi spiegazioni, dimmi solo che resterai qui accanto a me”. Questo canta Billie dopo essere stata picchiata, maltrattata, abusata. Billie Holiday era una lacklove, una senzamore, proprio come Ginsberg. E il suo grido è struggente.

Kerouac secondo Ginsberg: la nascita della Beat Generation

Allen Ginsberg lo scrive e lo ripete: era follemente innamorato di Jack Kerouac e questo amore incondizionato emerge da ogni pagina e da ogni sua lezione.
Ginsberg vede Jack come l’incarnazione umana di una figura mistica, divina, un genio assoluto di bell’aspetto. Eppure non gli rivela la propria omosessualità, la concezione del maschio americano è forte tra i beat e Ginsberg ne è spaventato. Eppure anche Burroughs amava gli uomini e non lo nascondeva… Si può pertanto ipotizzare che orientamenti omosessuali fossero tollerati, inseriti in un’ottica di virile male bonding o di una queerness che faceva parte della sottocultura del tempo, tra lesbian e gay bar abitati da transgender e suonatori di blues.

Ginsberg dedica dozzine di pagine a Burroughs, ma centinaia a Kerouac:

Dev’esservi chiaro che l’ideologo era lui. Io ne ero cosciente e così dovrebbe esserlo il lettore. Tutto questo non sarebbe esistito senza Kerouac. Saremmo solo un branco di professori fatti di anfetamine, froci, avanzi di galera. Quel tipo di fraseggio viene dalla sua mente. Kerouac era la sorgente di energia.
Quando senti te stesso risuonare nella coscienza indulgente, tenera e comprensiva di qualcun altro, cominci ad apprezzarti. Lo vedevamo come un eroe e fu una sorpresa più avanti scoprire i critici che parlavano di Kerouac come di un debole che seguita chi gli stava intorno.

Allen si accetta nel momento in cui si rivede nello sguardo di approvazione di Jack, si restituisce una identità che a lungo si era negato proprio attraverso i suoi occhi, gli occhi di un eroe – come lui stesso lo definisce – in grado di legittimare la sua esistenza.

Le fonti letterarie

La beat generation attinge dalla letteratura romantica e modernista europea, ne prende in prestito le tecniche per rielaborarle in chiave contemporanea.
La poetica visionaria di Blake si trasforma in vere e proprie visioni, quadri effimeri destinati a svanire che appaiono in sogno o sotto l’effetto della droga.
L’arte e il fascino per la mitologia di Keats e Shelley diventano ricerca mistica, custodi di un sapere antico che è in grado di fornire una reinterpretazione del presente.
Il correlativo oggettivo di Eliot e le sue suggestioni simboliche diventano giustapposizione di concetti e opposizioni estreme che riflettono le ansie e i terrori della società del post-guerra.
L’epifania di Joyce diventa illuminazione, così come il suo monologo interiore, basato sul flusso di coscienza, diventa scrittura spontanea, che non viene alterata dalla punteggiatura convenzionale, ma scorre libera come un corso d’acqua inarrestabile per sfondare i confini della ammissibilità letteraria e del politicamente corretto.
Infine, la distruzione delle parole di Orwell completa l’opera e si trasforma in una rivalutazione del linguaggio, che diventa strumento politico di libertà ma anche gioco, neologismo e invenzione geniale.

L’innovazione delle tecniche beat

L’eredità romantica e modernista si traducono nella rielaborazione del linguaggio, che deriva direttamente dalla musica, come già accennato, e riscrive le tecniche cinematografiche. La rivoluzione del linguaggio beat parte da un semplice assioma: “tutte le nostre impressioni sensoriali sono condizionate dal linguaggio e dalle forme di pensiero con cui siamo cresciuti.” E la Beat Generation di Ginsberg lo sa molto bene.

Il jump-cut, taglio in asse del montaggio filmico, è la tecnica prediletta da Burroughs, che la trasforma in cut-up letterario. Anch’essa figlia del modernismo, si basa sulla decostruzione del linguaggio tradizionale. La scrittura passa attraverso immagini vivide, suggestioni visive apparentemente disconnesse tra loro, giustapposte o unite da un montaggio immaginativo e spesso repentino, talvolta violento.

Kerouac fa uso di schizzi, brevi descrizioni improvvise che restituiscono una immagine vivida della realtà o di una allucinazione. Sono principalmente schizzi di persone, definizioni abbozzate, visioni, personaggi che attraversano la scena anche per la durata di un istante. E nuovamente la carta sembra trasformarsi in un set cinematografico.

Per Ginsberg la tecnica più efficace sembra essere quella della polarità degli opposti, ovvero:

impostare una polarità di forma pensiero, parola o immagine e poi impostarne un’altra. Poi la mente deve colmare lo spazio nel mezzo connettendole. La connessione che la mente opera è una specie di carica elettrica tra i due poli. Il pensiero si eleva naturalmente per connettere le due immagini polarizzate, le immagini disparate, forse perfino opposte, anche contraddittorie. (…) Dunque la poesia in un certo senso è formata da opposti. Si prendono due cose opposte e si combinano, si dispone l’una vicina all’altra senza alcuna spiegazione e la mente deve andare incontro a una piccola deflagrazione per stabilirvi un nesso. La mente deve mettere in relazione e comprendere la relazione. L’operazione di comprensione della mente costituisce la carica estetica, colma lo scarto. (…) Se predisponi nella mente un polo positivo e uno negativo, più distanti saranno e più grande sarà il lampo tra i due. Maggiore la contraddizione tra i due poli, maggiore l’esplosività e l’inclusione del lampo mentale necessario a collegarli. Questo era il principio che seguii quando mi sedetti a scrivere Urlo.

L’auto verde

In The Green Automobile l’esercizio delle opposizioni si fa evidente ed emerge la stretta relazione tra musica, cinema e poesia.
Ginsberg sogna di recuperare il suo Neal (Cassady) a bordo di un’auto verde e di iniziare a viaggiare con lui.

We’d burn all night on the jackpine peak
seen from Denver in the summer dark,
forestlike unnatural radiance
illuminating the mountaintop:
childhood, youthtime age & eternity
would open like sweet trees
in the nights of another spring
and dumbfound us with love


[Bruceremmo tutta notte sul picco tra i pini
Visti da Denver nel buio estivo,
Come un fulgore innaturale di foresta
Che illumina la cima:
Infanzia gioventù vecchiaia e eternità
Sboccerebbero come begli alberi
Nelle notti di un’altra primavera
A sbalordirci d’amore]

La poesia si trasforma in una nostalgica ballata romantica, piena di amore, dall’intenso sapore Bob Dylan e che può durare giusto il tempo di un sogno. Perché, non dimentichiamocelo, Ginsberg è un lacklove, il senzamore destinato a cantare il tormento e la sconfitta dell’intera Beat Generation.

Neal, we’ll be real heroes now
in a war between our cocks and time:
let’s be the angels of the world’s desire
and take the world to bed with us before
we die.


[Neal, saremo eroi veri ora
in una guerra tra i nostri cazzi e il tempo:
angeli del mondo che desidera
prima di morire portiamoci il mondo a letto.]

Il componimento suona come un elegiaco epitaffio dell’intera beat generation, quando recita:

While all the time in Eternity
in the wan light of this poem’s radio
we’ll sit behind forgotten shades
hearkening the lost jazz of all Saturdays.


[Mentre per tutto il tempo nell’Eternità
nella luce smorta della sua poesia per radio
siederemo dietro dimenticate ombre
udendo il jazz perduto di ogni sabato.]

Howl, ovvero: Ginsberg come sintesi della Beat Generation

Mi approcciai a questo tanto magnifico quanto devastante poema quando frequentavo il primo anno di università. Il mio professore Mario Corona, un anziano queer figlio delle lotte degli anni Sessanta, raccontò la genesi del componimento in aula, nel suo perfetto stile acuto e indecoroso. Pare fosse infatti per lui un aneddoto fondamentale il fatto che Ginsberg concepì Howl a seguito di una masturbazione.

Il secondo vivido ricordo che ho di Howl è la sua lettura da parte di Allen Ginsberg. Ascoltammo la registrazione durante lo stesso corso universitario.

Fu così che mi comprai una edizione economica delle poesie scelte di Ginsberg, mi guardai un paio di film sulla sua vita e mi lasciai incantare dalla Beat Generation. Fino a quel momento avevo letto solo On the Road di Kerouac.

I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked,
dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix,
angelheaded hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night,
who poverty and tatters and hollow-eyed and high sat up smoking in the supernatural darkness of cold-water flats floating across the tops of cities contemplating jazz

[Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate  nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa,
hipster dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte,
che in miseria e stracci e occhi infossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz]

who wandered around and around at midnight in the railroad yard wondering where to go, and went, leaving no broken hearts,
who lit cigarettes in boxcars boxcars boxcars racketing through snow toward lonesome farms in grandfather night

[che giravano e giravano a mezzanotte tra i binari
morti chiedendosi dove andare, e andavano, senza lasciare cuori spezzati, che accendevano sigarette in carri merci carri merci
carri merci strepitanti nella neve verso fattorie]

leaped on negroes, cried all over the street, danced on broken wineglasses barefoot smashed phonograph records of nostalgic European 1930s German jazz finished the whiskey and threw up groaning into the bloody toilet

[saltavano su negri, piangevano lungo tutta la strada, ballavano scalzi su bicchieri rotti spaccavano nostalgici dischi Europei di jazz tedesco del ‘30 finivano il whisky e vomitavano rantolando nel cesso insanguinato]

Sebbene lo stesso Ginsberg provi a convincermi del contrario, penso che non cambierò mai idea: senza nulla togliere a Jack Kerouac, per me l’eroe della Beat Generation è ebreo, gay, tossicodipendente, alienato e senzamore. E’ Allen Ginsberg.

Un commento

  • GIancarlo

    A tre anni dalla riuscita avventura de “Il morbo di K”,libro che mette un dito nella piaga d’una ferita mai rimarginata nella coscienza degli italiani, la fuga di Herbert Kappler (l’ufficiale delle SS esecutore materiale dell’ordine che portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine), il giornalista e scrittore Giancarlo Padula dà alle stampe un nuovo volume, reperibile anche in rete. Si chiama “La Beat Generation, il Beat in Italia e a Terni”, casa editrice “2000 diciassette”. La prefazione è del cantautore, attore e scrittore Don Backy, già braccio destro di Adriano Celentano e compositore de “L’immensità” e molti altri memorabili brani.Per cobtatti con la casa editrice: redazione@edizioni2000diciassette.com,

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